Oggi in pratica parliamo di successo. Ci sono business che iniziano a guadagnare un po’ di più e a sentirsi arrivati. Ricevono molte richieste di preventivi; un paio di giornali gli propongono un’intervista; qualcuno sui social gli dice che è bravissimo, che i suoi contenuti spaccano, che il suo podcast gli ha fatto compagnia; i follower aumentano e via discorrendo.
Ci si gonfia come tacchini, soufflé, mongolfiere, pance pre-mestruo. Si mandano newsletter con il fatturato, si scrivono post dove si ringraziano le persone per il successo conquistato in così poco tempo, si fanno investimenti spesso sciagurati.
Poi arrivano gli inevitabili periodi morti, quelli di stanca, quelli di calma, i leggeri declivi e gli strapiombi improvvisi. Si scatenano terremoti che minano la stabilità delle fondamenta, lasciano crepe profonde sui nostri muri, fanno cadere parecchi libri dagli scaffali e pure qualche certezza.
Si abbassa la cresta, ci si pente di aver cantato vittoria troppo presto. Però cavolo: ma come mai? Non eravamo finalmente “arrivati”?
Prendere fiato
No, car* mi* non si arriva mai. Perché non ti è dovuto proprio niente!
L’ho imparato a caro prezzo sulla mia pelle. Quando abbiamo aperto la sede, nel 2016, mi sembrava l’apice della storia di Zandegù, mi sentivo veramente a una svolta. E lo è stato fino a metà 2018. Quando, per una serie di decisioni di business molto sbagliate che ho preso, abbiamo imboccato una strada tortuosa e molto, molto in discesa che ci ha portato veramente a un passo dal baratro.
Ed è lì che ho capito che è bene mettere in atto due comportamenti importantissimi quando le cose di lavoro vanno bene:
- godersela: notare cosa abbiamo fatto per arrivare fin lì, cos’è stato frutto anche di un po’ di sano culo, cosa invece è derivato da buone intuizioni e duro lavoro. Fermarsi a comprendere gli errori per non ripeterli e notare le buone idee per rafforzarle. E dirsi che si è stati brav*, comprarsi un buon vino e brindare con i colleghi o gli amici.
- non cantare vittoria: non ti è dovuto nulla nella vita e pure nel lavoro. Quando ti sembra di essere arrivato, sai dove sei? Sei al primo campo base: la punta dell’Everest è ancora lontanissima. Quando ti senti arrivato in realtà stai solo prendendo fiato per affrontare nuove – FATICOSE – avventure e scalate. Com’è giusto che sia. Non tirare fuori la tua ruota di pavone. Non metterti la corona di alloro in testa. Aspetta. Riposa, medita, respira e allacciati stretti gli scarponi.
Hai presente Yahoo?
Non penso che manco la Ferragni si senta arrivata. Hai presente Yahoo? Era un brand quotidiano, faceva parte della nostra vita, tutti abbiamo avuto un’email @yahoo, vero? Sembrava non sarebbe mai scomparso. Finché è arrivato Google e pure un colosso come Yahoo si è ritirato nella nebbia del dimenticatoio. Perché noi dovremmo essere diversi? Infatti, non lo siamo. Dobbiamo godere dei nostri successo ma non credere mai di avere ottenuto IL successo. Dobbiamo continuare a tenere le antenne dritte, cercare nuove opportunità di lavoro, per crescere, per migliorarci, per formarci.
Perché poi, se non arriva Google, arriva una pandemia globale che costringe il mio ristorante ad aprire un sito, fare il delivery e gestire bene i social per non farsi dimenticare o farsi schiacciare da chi è arrivato prima di me. O non fare nessuna di queste cose per mancanza di voglia, tempo, soldi, lungimiranza. E sparire.
Tre cose per stare a galla con grazia
Tutto può cambiare da un momento all’altro e dobbiamo riuscire quindi a fare quattro cose:
- aggiornarci: fare corsi, leggere libri, confrontarci coi colleghi, navigare in settori lontani dal nostro in cerca di ispirazioni, parlare con giovani e anziani, fare consulenze per mettere in dubbio le nostre certezze e capire se ci sono possibilità migliori che, magari, non avevamo nemmeno mai preso in considerazione;
- coltivare la modestia: ricordarci che non siamo nessuno, siamo solo un piccolo frammento di materia nel mondo che cerca di fare la differenza e portare valore. Ricordarci che siamo al servizio degli altri. Non al servizio del nostro ego;
- fare piani flessibili: dobbiamo ovviamente sempre avere strategie di business molto chiare e solide (business plan, strategie di marketing, comunicazione, pricing, ecc.), ma il pensiero alla base è che siano adattabili alle condizioni variabili di questi tempi. Devono essere come i grattacieli giapponesi: se arriva il terremoto stanno in piedi ma si muovono seguendo le scosse, adattandosi all’imprevisto;
- adattarci: non possiamo più lamentarci che tutto corre troppo in fretta. È così che vanno le cose, oggi. Solo chi ha fiato e sa adattarsi può sopravvivere sul mercato.
Tre modi per allenare l’adattabilità
- Mettere in dubbio quello in cui si è sempre creduto e capire se si può fare diversamente, meglio, con minore spesa.
- Ascoltare cosa dicono i clienti: quali dubbi e problemi hanno? Stanno evolvendo? Noi dobbiamo evolvere con loro, ancora meglio se un pochino prima di loro, per anticipare i loro bisogni.
- Non avere paura degli errori: mentre si battono nuove strade per stare in piedi, si può forare, sbagliare svolta, finire senza benzina. Ma sono errori che costano meno di essere rimasti fermi al via mentre tutti gli altri concorrenti correvano lontano.
Adattarsi non è facile, ma l’importante è non mollare. Fino al prossimo campo base. Fino al prossimo momento per respirare. Prima della prossima scalata. Non si arriva mai. Ma il bello è il viaggio, no?
Tu cosa ne pensi? Facci sapere la tua opinione sul sentirsi arrivati, se ti mai successo e com’è andata. Buone scalate!
PS: questo post è ispirato al quinto punto del nostro decalogo #andiamoalsodo che puoi leggere sul nostro profilo Instagram, nelle Storie in evidenza.