branded content
branded content
5 Aprile 2022

Branded content: una guida in 4 punti per cominciare

Di sicuro li hai visti in giro: se non ti sembravano pubblicità, ti hanno insegnato qualcosa, ti hanno fatto divertire e li hai associati per bene a un brand, sono branded content.

In questo post cerchiamo di capire cosa sono, come mai li troviamo così interessanti e perché sono molto utili ai brand. 

In particolare, vediamo:

  • che cos’è un branded content;
  • che differenza c’è tra content marketing, branded content e native advertising;
  • quali sono i punti forti del branded content;
  • alcuni esempi, più o meno conosciuti, che hanno fatto scuola.

Di cosa parliamo quando parliamo di branded content

Un branded content è un contenuto, informativo o di intrattenimento, che non ha un messaggio pubblicitario esplicito: è creato da un brand per comunicare i propri valori e per aumentare la brand awareness, sollecitando il coinvolgimento emotivo del pubblico. 

Diciamolo subito: ogni branded content è anche un prodotto creato per esprimere al meglio la cultura di brand. Può essere un testo, un’immagine, un video, un podcast, un documentario, un contenuto seriale, un gioco, una mostra, un live show: non poniamo limiti alla creatività.

Di fatto, è un contenuto che educa, intrattiene e gratifica le persone: è sempre coerente con l’identità di marca, è in linea con il target e aiuta a creare un ricordo spontaneo. Questo genera un sentimento affezionato nei confronti del brand.

Affrontiamo subito la prima domanda implicita: che differenza c’è tra branded content e content marketing? 

Content marketing

Il content marketing è una specializzazione, o tecnica, di marketing che ha lo scopo di creare e distribuire contenuti significativi per i bisogni del target, in modo da attrarre le persone e guidarle in alcune fasi del loro viaggio per diventare clienti

I contenuti creati dal brand, in questo caso, parlano in modo molto esplicito dei bisogni del pubblico, sono utili e puntano a generare fiducia per ottenere un ritorno (ad esempio: traffico al sito, iscrizione alla newsletter, un primo contatto). In modo più o meno diretto, indicano anche una soluzione al problema del target, ovvero i prodotti o i servizi del brand. 

La prospettiva del content marketing è soprattutto informativa e di coinvolgimento, in un processo continuo e a lungo termine, come nel caso dei blog o dei magazine aziendali. Ad esempio: il blog di Clue, app che aiuta a tracciare il ciclo mestruale, è concepito come una vera e propria enciclopedia, con lo scopo di rassicurare e informare in modo capillare (si rivolge a chi utilizza l’app e anche a chi non la conosce). 

Torniamo alle definizioni.

Branded content

Un branded content, quindi, è un contenuto creato dal brand per il target, in un determinato momento, con lo scopo di aumentare la brand awareness e affermare la cultura di marca

I contenuti di questo tipo hanno soprattutto un carattere educativo o di intrattenimento: gratificano il pubblico con lo storytelling e le esperienze immersive, senza mettere in evidenza un legame diretto con i prodotti e i servizi proposti dal brand. Il legame in primo piano, in questo caso, è quello con i valori, l’immagine e la personalità di marca.

Se ci pensiamo, al centro del discorso ci sono sempre i contenuti, che devono essere significativi e memorabili, e le persone, che possono diventare clienti del brand (oppure no). I servizi e i prodotti non compaiono del tutto, oppure restano sullo sfondo, lasciando la scena alle storie e ai valori: è il caso di Ugo. Storia di una piccola grande idea, un corto creato dalla Mutti per raccontare la nascita dell’iconico tubetto per il concentrato di pomodoro e per comunicare al pubblico un immaginario fatto di invenzione, impegno e perseveranza.

Di fatto, oggi, la produzione dei contenuti si adatta alla moltitudine di canali disponibili, cambia formato a seconda del pubblico da raggiungere e si modella sul viaggio decisionale dei clienti. In alcuni casi il contenuto diventa prodotto (content marketing) e in altri il prodotto diventa contenuto (branded content).

Ad esempio, la collaborazione tra Headspace, app per la meditazione, e Netflix si può collocare a metà tra content marketing e branded content: Le guide di Headspace sono contenuti originali creati dal brand e prodotti da Netflix, per intercettare la possibile sovrapposizione tra i due target. Entrambi, dopotutto, dimostrano di essere interessati a un servizio basato su un’iscrizione ed entrambi apprezzano la serialità. Il content marketing di Headspace, quindi, ha incontrato l’intrattenimento di Netflix, creando un nuovo branded content (o branded entertainment).

Native advertising

A volte l’impronta pubblicitaria è molto più riconoscibile, come nel caso del native advertising: si tratta di contenuti sponsorizzati da un brand, che compaiono all’interno dei canali di un altro brand. Molto spesso sono contenuti editoriali di forte impatto: lo è stato, ad esempio, un interessante articolo prodotto dal New York Times (Women Inmates: Why The Male Model Doesn’t Work) e sponsorizzato da Netflix, in occasione dell’uscita della seconda stagione della serie Orange is the New Black. Anche in questo caso, comunque, al centro ci sono il valore dei contenuti e gli interessi delle persone. 

Come mai non rinunciamo a definire le cose, anche quando ci viene mal di testa e abbiamo la sensazione che la teoria sia sempre più complicata della pratica? 

Perché definire le cose significa provare a capirle

Farlo ci serve per osservare l’evoluzione del rapporto tra i brand e le persone. Ci aiuta a chiarire le parole che sentiamo e che utilizziamo, come content marketing, native advertising, branded content e branded entertainment. La complessità, poi, ci costringe a diventare molto più informati e molto più bravi a semplificare le scelte: anche quelle di marketing. 

Perché ci piace il branded content

Non infastidisce

Prima di tutto, perché limita il fastidio che il pubblico prova di fronte alla pubblicità tradizionale, o a quella percepita come tale. La sensibilità delle persone, infatti, è sempre più alta: si sono moltiplicati i canali in cui vengono distribuiti i contenuti ed è aumentata anche l’abitudine a intercettare subito un messaggio pubblicitario diretto, per evitarlo con agilità.

Mette al centro i/le clienti

Il branded content, invece, non infastidisce perché è un tipo di contenuto che non parla del brand, ma parla di quello che il brand desidera condividere con le persone: è pensato per creare un legame emozionale, è generoso, è coinvolgente e si fa apprezzare proprio perché è stato creato da un brand che conosce bene il suo target e che vuole gratificarlo in un modo nuovo, spesso sorprendente.

Attrae

Quando la gratificazione funziona, l’interesse generato dal branded content diventa magnetico: sono le persone stesse a riconoscersi nei contenuti e a cercarne altri che siano interessanti allo stesso modo. Il paradigma pubblicitario tradizionale si rovescia, come accade in ogni azione virtuosa di content marketing: il brand non spinge e non insiste, ma attrae e si fa inseguire.

Amplifica

Il branded content è anche un esercizio che espande e amplifica la narrativa di brand, perché è uno spazio in cui si esprimono in modo creativo, riconoscibile e memorizzabile la personalità di marca, i valori, l’identità visiva e l’identità verbale. Per molti brand, infatti, è anche un’occasione per sperimentare, per abbracciare nuove forme di comunicazione e per lasciare spazio alla contaminazione: il risultato, soprattutto per il pubblico, è un’esperienza diversa e rigenerante. 

Alcuni esempi di branded content e branded entertainment

Dove

Il video Dove Real Beauty Sketches è uno dei più noti esempi di branded content: fa parte una serie di campagne realizzate dal brand, per aiutare il suo pubblico a ridefinire l’idea di bellezza e il rapporto con il proprio aspetto fisico. In particolare, questo video mostra la differenza tra la percezione di sé e la realtà osservata dagli altri: un artista forense realizza due ritratti di una stessa donna, uno a partire dalla descrizione di se stessa e un altro sulla base della descrizione di un’altra persona. Il risultato dell’esperimento è un invito esplicito a riconoscere di più la propria bellezza naturale (“Sei più bella di quel che pensi”), perfettamente in linea con i valori del brand.

Airbnb

Il documentario Gay Chorus Deep South, premiato al Tribeca Film Festival, è un branded content prodotto da Airbnb nel 2019 per narrare il tour di uno dei primi cori dichiaratamente gay in America, il San Francisco Gay Men’s Chorus: per Airbnb è stato un modo per comunicare il supporto alla comunità LGBTQIA+ e per diffondere il messaggio di appartenenza e inclusione che sta alla base dei valori di brand.

Mailchimp

Mailchimp Presents è una piattaforma di intrattenimento creata dal brand, per diffondere contenuti che esplorano i temi dell’imprenditorialità e raccontano diverse esperienze di business: film, documentari e serie (tutti i contenuti sono di breve durata). L’intento del brand è rendere sempre più tangibile la cultura che lo permea, per avvicinare nuove persone e per rafforzare il legame con i/le clienti, attraverso contenuti nuovi, curiosi e d’ispirazione. Visto che si tratta di un progetto di lunga durata, e non occasionale, possiamo parlare di una strategia di branded entertainment.

Samsung

Il podcast Elio e le Storie Tech è prodotto da Samsung e condotto da Elio e le Storie Tese: parla dell’impatto dell’innovazione tecnologica sulla vita delle persone. In ogni puntata Elio, Faso e Cesareo (storici membri della band) affrontano un argomento e intervistano un ospite: si parla di web, smartphone, smart home, film, cucina, moda, gaming, sport. A ogni puntata è associato anche un neologismo (ad esempio “Fotofonare”, “Tablatare”, “Elettrogiochicchiamo”) e un’interpretazione musicale, nel pieno stile ironico e creativo del gruppo. Il risultato è un prodotto culturale che unisce innovazione e divertimento, in linea con i valori che Samsung vuole condividere con il pubblico.

Altri articoli consigliati per te