Pennarelli verdi
Pennarelli verdi
29 Settembre 2016

Quanto conta l’autore per vendere un libro

Negli anni mi è capitato di conoscere un sacco di scrittori che, una volta pubblicato il loro libro, non ne parlavano mai in giro. Vendere i libri è difficile, specie se sono scritti da esordienti. Vendere gli ebook – ma dai? – ancora di più. Spesso gli aspiranti scrittori pensano che tutta la promozione del loro libro debba essere fatta dall’editore e stop.

Ma magari avessimo tutto questo potere di influenzare le vendite!

Due is megl che uan

Purtroppo (ma a pensarci bene anche per fortuna), invece, il lavoro tra editore e autore richiede collaborazione. Com’è che si dice? It takes two to tango. Quindi, quando esce un libro, ci sono cose che fa solo l’autore, cose che fa solo l’editore e cose che è bene facciano tutti e due.

Come, per esempio, la promozione del libro.

Spiace dirlo in termini così crudi, ma l’autore si deve sbattere pure lui perché il suo libro venda.

Perché l’editore ha bisogno dell’aiuto dell’autore?

Occhio che non vuol dire che l’editore sia un incapace, che non sa fare il proprio lavoro, che sia pigro, o che voglia sfruttare i suoi scrittori per cose che non gli competono. Ne ha bisogno perché, come ti racconto dopo, l’autore ha un capitale di conoscenze e influenza (e a volte è davvero un cosiddetto influencer) che servono per spingere il libro.

Ma, per esempio, noi a Zandegù come facciamo?

La promozione dell’ebook sui social e sul nostro sito la faccio io: scrivo sul nostro blog i post della serie “Come nasce un ebook”, preparo grafiche e foto, scrivo su Facebook e cerco di diffondere il verbo delle nostre creaturine. Marco invece si occupa di postare su Twitter e Instagram.

Poi c’è tutta la parte di ufficio stampa classico, che significa contattare giornalisti e blogger. Di questo si occupa la nostra adorabile Irene Roncoroni. Prima di tutto, Irene legge l’ebook, poi scrive il comunicato stampa, poi si coordina con l’autore per decidere una strategia di invii. Lei ha già le idee chiare su chi sentire, perché ha fatto ricerca; l’autore suggerisce contatti che ha già lui (magari ha delle conoscenze in giro) oppure che gli piacerebbe parlassero del suo testo.

Irene manda il comunicato in giro, poi allega il libro, spedisce materiali extra, telefona in redazione, invia messaggi su Facebook, ricontatta, tampina. Sempre con tantissimo garbo e professionalità. E, infatti, i risultati si vedono.

Però, ci tengo a dirlo, non è che una recensione ben piazzata ci faccia diventare milionari dalla sera alla mattina. Magari se finissimo in prima pagina su Vanity Fair sì, ma per ora non è ancora successo.

Le vendite dei nostri ebook (e poi ne parlerò diffusamente in un altro post) sono come me quando nuoto a cagnolino: vado piano, ma vado lontano. Tipo che a volte penso abbiano venduto così-così e poi, cazzo, mi rendo conto che i numeri sono interessanti.

Non c’è niente come gli amici-ci (dell’autore)

Cosa c’entrano gli amici dell’autore, dirai tu? C’entrano tantissimo. Quando fai una festa, non è che inviti i primi che passano per strada, no? Inviti per prima cosa i tuoi amici. Ecco, stessa faccenda: quando pubblichi un libro, è bene che lo racconti alla tua famiglia e ai tuoi amici, che li coinvolgi, che chiedi il loro sostegno: può essere l’acquisto di una copia o una postata sui social.

La cerchia più stretta è fondamentale per far girare il nome e far conoscere il tuo libro. Ma è ovvio che è molto più efficace se la segnalazione viene direttamente da te, invece che da me editore che non sono nessuno per loro.

Se il tuo migliore amico ti dice che il nuovo Star Wars merita, tu ci dai peso no? E magari lo vai a vedere. Se te lo dice uno che passa per strada, nel peggiore dei casi pensi sia matto, nel migliore non lo ascolti nemmeno.

Idem per i libri e per il battage che uno fa sui social.

Sei tu autore che devi lanciare la pietra nel lago. Poi i cerchi si diffondono sempre di più, sempre più lontano.

Nel frattempo, ça va sans dire, l’editore continua a fare il suo.

Te devi sbatteeeeee

E ti assicuro che questo discorso è verissimo per Zandegù che è un piccolo editore, ma che sempre più spesso vale anche per i grandi editori. Ho tanti amici che hanno pubblicato con nomi importanti, pensavano avrebbero avuto una buona copertura e, invece, l’editore non ha fatto granché. In questo caso, non è tanto il mordente della casa editrice a mancare, ma sono le logiche di mercato: tipo che pubblicano mille titoli al mese e non possono umanamente seguirli tutti allo stesso modo, magari su te hanno puntato meno che su Tizio, magari ti hanno pubblicato solo per far catalogo. Quale sia il caso, però, è chiaro che, se non vuole finire presto nel dimenticatoio, l’autore si deve sbattere.

Negli anni mi sono capitati autori che non hanno Facebook, che odiano i social, che sono timidi, che temono di tirarsela, che sono orsi. Altri invece che se ne fottono, che lo gridano ai quattro venti, che fanno mille post, che si fotografano col libro, che fanno dei planning precisi, che vogliono organizzare eventi, che vogliono dire la loro, contribuire.

Non è sempre vero che la socialità sul web coincide automaticamente con le vendite: ci sono, infatti, molti esempi di scrittori famosi che vendono molto pur essendo invisibili ai social. Per la nostra esperienza, invece, capita, anche se di rado, che autori che si impegnano tantissimo poi non vengano ripatagati da vendite da capogiro. Ma, la maggior parte delle volte, quando l’autore è coinvolto in prima persona e ci crede, le vendite sono nettamente superiori. E non ci va una laurea in ingegneria aerospaziale per capire come sia una cosa che avvantaggia tutti quanti.

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