Affrontare gli imprevisti
Affrontare gli imprevisti
6 Aprile 2017

Affrontare gli imprevisti

[questo è un post davvero molto personale, con una tonnellata di cose mie che forse non dovevo dirti ma te le dico lo stesso]

Io sono organizzatissima. Ma non poco. Tanto. A livelli maniacali. Compilo liste mentali di cento cose insieme. Studio dei percorsi. Che cosa intendo con “percorsi”? Mettiamo che la mattina abbia soltanto 5 minuti di tempo e 20 cose da fare, prima di uscire (rifare il letto, buttare il contenitore dello shampoo perché non stia vuoto per 6 mesi nella doccia, prendere il caricacellulare nello studio, tirare fuori l’asse da stiro per la signora delle pulizie, truccarmi e mettere le scarpe), ecco, io studio mentalmente l’ordine e il percorso, da una stanza all’altra, per farle tutte, senza scordarne nessuna e nel minor tempo possibile.

Ho liste su quaderni, agende, app, pc, post-it. Raramente dimentico qualcosa. Ho il pieno controllo di cosa succede nella dispensa di casa (manca il sugo), nei cassetti dell’ufficio (prendi le pile), con i docenti, gli autori, i parenti.

Vivo una vita parallela dove è tutto al suo posto.

Non sono un Tom Tom

Poi arrivano gli imprevisti. E non la prendo per niente bene. Gli imprevisti per me sono una tragedia. Il mio cervello grida “Ricalcolo!”, ma non ricalcola un bel niente. Nei casi meno gravi dico una sequenza concatenata di 38 parolacce, come un anatema, e mi calmo. Nei casi più gravi, come 1 settimana fa, piango per un’ora. Piango come se fosse morto qualcuno, piango disperata, finché gli occhi sono come palloni, l’iride manco mi si vede, perché le palpebre sono talmente gonfie che sembro una rana. Lacrimo così tanto che perdo un casino di moccolo, uso almeno 18 fazzoletti di carta, singhozzo, ho crisi respiratorie, non capisco niente e, soprattutto, non mi si deve minimamente parlare per almeno 30 minuti finché, da sola, mi calmo.

Shit happens

Gli imprevisti capitano. Spesso. La maggior parte delle volte ho imparato ad anticiparli e a trovare soluzioni. Certe mi colgono di sorpresa, ma sono reattiva e capisco subito come rimediare. Altre, arrivano quando sono stanchissima, ho mal di testa, mille pensieri famigliari e lavorativi che fanno il girotondo per i cavoli loro e, insomma, quelle volte lì gli imprevisti mi investono come un TIR.

Allora, per prima cosa, mi dispero tantissimo. E piango, appunto.

La storia del nostro WC

1 mese e mezzo fa ci si è intasato il cesso. Di sabato. Durante un corso. Il water del bagno dei maschi ha iniziato a tracimare acqua (e altre cose che ti taccio), sono corsa da Acqua e Sapone, ho comprato 20 stracci, sono tornata, sempre correndo, ho tamponato come ho potuto, ho chiamato l’idraulico, mi ha detto ferma tutto, chiudi tutto, non far andare nessuno in bagno. Sono le 11 e abbiamo un corso che dura tutta la giornata. Panico. Piango nell’ufficio, mentre di là fanno lezione. Marco prova a calmarmi inutilmente, perché non sono ancora passati 30 minuti. Mettiamo un cartello sulla porta del bagno, troviamo una soluzione (li mandiamo a far pipì al bar qui vicino), facciamo arrivare l’idraulico con una pompa. Stura tutto. Problema risolto. Passo 4 ore a pulire il bagno con alcol, lanciafiamme e guanti di gomma lunghi fino alle spalle.

La seconda storia del nostro WC

Fino alla settimana dopo. Di nuovo sabato, di nuovo corso. Il bagno stavolta è a posto, ma il cortile è pieno d’acqua. Torna l’idraulico. Apre il pozzetto. Vedo cose che non avrei mai voluto vedere in vita mia. “Stavolta” dice, “dev’essere una perdita seria”. Viene spaccato il cortile, cambiato un chilometro di tubo, fatte prove, tolta l’acqua per ore, io mi tengo la pipì (e sono una che fa pipì trenta volte al giorno), Marco supervisiona perché io non capisco una mazza di ‘ste cose e, quindi, perde un’intera giornata di lavoro. Alla sera il problema è risolto, il cortile cementato di nuovo, 1.000€ in meno sul mio conto per intervento d’urgenza.

E non c’è due senza tre!

Fino a 15 giorni dopo. Stavolta al lunedì mattina, dopo una settimana dove ho lavorato 70 ore, dopo una notte insonne, dopo un solo giorno di riposo. Cantina del condominio allagata. Chiamato d’urgenza idraulico, amministratore, vicini, spurghi, 911, SWAT e il Signore Gesù.

Hegel e Kant non servono

Questi sono i nuovi imprevisti che mi capitano. E per i quali non ero pronta. Perché, in situazioni del genere, non basta staccare il pc e non pensarci troppo. Non basta maledire tutti i santi del paradiso. Non basta prenderla con filosofia. No, tu devi stare lì, e devi fare mille chiamate, devi capire qual è la soluzione che metta d’accordo 20 persone e devi gestire i vicini che sono giustamente incazzati neri e pensi ai corsisti (potranno fare pipì stasera al corso, o no?), ti preoccupi per il futuro (tra una settimana saremo punto e a capo, o no?), sudi pensando al conto totale (quindi questi due mesi vado dal dentista, o no?).

Anche i tubi hanno la loro importanza

A volte gli imprevisti sono una sfiga cieca. Non basta imparare la lezione e non rifare gli errori in futuro, organizzandosi meglio o lavorando d’anticipo. La newsletter più importante dell’anno l’hai programmata per errore alle 3 del mattino invece che alle 11? Ecco, quello è un imprevisto sul quale potevi fare qualcosa, che brucia ma che magari ti insegna anche qualcosa. Se ti va via Internet da casa non dipende da te, ma influenza comunque il tuo lavoro. E con i tubi, uguale.

Fa incazzare lavorare tantissimo e vedere che i tuoi sudati soldi, non solo metaforicamente, finiscono nel cesso. Ma è così. Non avrei mai pensato a questo tipo di problemi fino a 6 mesi fa, ma oggi con una sede di mattoni e scarichi lo devo fare ben bene. Gli imprevisti “normali” per me, a volte, sono una tragedia. Ora, maledetti, si sono aggiunte pure queste nuove tipologie di scassamento di marroni avanzato. Insomma, per me trovare un modo per parare gli imprevisti diventa sempre più importante e va trovato.

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