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Da fine ottobre a inizio dicembre, Zandegù ha ospitato i corsi di formazione di un’agenzia locale che si rivolge a persone in cerca di occupazione. La classe che abbiamo ospitato, tutti i giorni, tutto il giorno, era composta al 90% da ventenni, quasi tutti uomini, tanti stranieri.
Lo confesso: all’inizio ero terrorizzata
Pensavo, molto stupidamente, che avrebbero fatto scempio della Zandecasa come manco Attila e gli Unni nei bei tempi che furono. Invece mi sono trovata davanti un gruppo caciarone e sopra le righe, ma educato e curioso.
Nelle 6 settimane in cui li abbiamo avuti con noi, hanno dimostrato di saper fare gruppo e di saper andare oltre le loro differenze caratteriali, personali, geografiche.
Li ho visti impegnarsi, senza mai saltare una lezione, anche al sabato, anche con gli scioperi. Li ho visti fare telefonate alle agenzie, nelle pause, per cercare lavoro. Li ho visti ballare mille volte sulle note del remix di “Genitore 1, Genitore 2: sono Giorgiaaaa, sono una donnaaaa” (se non sai di cosa parlo, ti consiglio di correre sul webbe e cercare). Li ho visti fare attenzione a differenziare i rifiuti che producevano, a chiedere mortificati una scopa per pulire quando facevano casino, a ridere fortissimo prendendosi per il culo a vicenda.
Alcuni ci hanno raccontato le loro storie personali
E non erano storie facili. Per pudore, non scendo nei dettagli, ma se stai pensando una qualunque cosa piuttosto brutta, sì, a loro è capitata. Ad alcuni, più volte.
Ecco, è proprio questa la cosa che mi sento di aver imparato da questo gruppo di ventenni: che oltre la mia bolla c’è un altro mondo. Un mondo fatto di persone che guidano il muletto al freddo di gennaio. Un mondo fatto di persone che sono contente di essere assunte per un lavoro dalle 7 alle 16 e un’ora di macchina di tragitto per arrivare in fabbrica. Un mondo fatto di persone che hanno fatto sbagli grandissimi, ma vanno avanti lo stesso. Un mondo di persone che fatica a parlare italiano, ma che comunque frequenta un corso per imparare qualcosa di nuovo, perché ha davvero bisogno di lavorare. Un mondo di persone che hanno i genitori che fanno i braccianti in nero e prendono 400€ al mese.
Ricordiamocele ‘ste cose
Ricordiamocele ‘ste cose quando ci lamentiamo che non sappiamo fare squadra; quando siamo in difficoltà economica, ma quel lavoro non lo prendiamo perché ci sembra poca cosa; quando pretendiamo sempre di sapere tutto, ma non ci formiamo mai; quando i soldi che guadagniamo ci sembrano troppo pochi; quando perdiamo ore della nostra giornata lavorativa su Instagram.
Pensiamoci tutti, perché, non so te, ma io di sicuro non ci penso quanto dovrei che là fuori il mondo è composto al 70% da realtà difficili e io sto nella bambagia della mia calda Zandecasa e non sul muletto in magazzino a spostare bancali di roba.
Una questione di pane
A questa cosa ci ho pensato anche l’altro giorno che ascoltavo il podcast di Annamaria Anelli. A un certo punto parla di un suo amico che, dopo anni di lavoro di ufficio, si vede crollare tutto e si ritrova a fare il panettiere all’Auchan, con i turni di notte. Ecco, a volte mi chiedo: ma quanti di noi che stiamo a fare i creativi sarebbe disposto a rimboccarsi le maniche così, se le cose andassero in vacca?
Noi fortunatissimi dobbiamo imparare che le nostre difficoltà sono grandi, non vanno sminuite, ma che là fuori dalla bolla ci sono drammi che noi non possiamo manco immaginare.
4 schiaffi in padella
Queste parole vogliono essere una riflessione per chi lavora in proprio. Sapere che il Paese reale è questo ci deve dare quattro schiaffi in faccia. E che servano. A lavorare meglio. A lavorare con uno scopo, non come hobbisti. A creare valore per la nostra Italia. Ogni tanto magari a fare pure un po’ di beneficenza.
Queste parole sono il mio augurio per te che sei in proprio, o ci stai pensando e mi leggi: sappi che il tuo lavoro non finisce con te. Si spande in giro come i cerchi nell’acqua, quando ci butti un sasso. Lavora perché le cose che fai siano buone per te, ma con la consapevolezza che possano avere un impatto sulla società, sugli altri, su come andranno le cose. Questo Paese, penso, lo costruiamo anche noi, soprattutto noi. Siamo i primi a portare il cambiamento che vorremmo vedere intorno a noi.
Questo è l’ultimo post del 2019. Non disperare, però: ci leggeremo ancora una volta martedì, per gli auguri di Natale e poi torniamo a gennaio 2020 con tantissime novità :)