22 Febbraio 2018

L’inferno sono gli altri

Gli altri mi hanno sempre fatto paura. Da piccola mi nascondevo dietro mia nonna se, per strada, la salutava qualcuno. A scuola avevo legato con poche persone. Al mare, mandavo mia mamma a fare amicizia con le mamme di quelle bambine che, dopo un pomeriggio di attente analisi da dietro a un libro, mi parevano le più simpatiche del bagno 32 di Cervia. Io non osavo farmi avanti. Mandavo mia mamma.

Fido Dido

Col passare degli anni, le cose non sono affatto migliorate: non spedivo di certo mia mamma a fare amicizia con i ragazzi che mi piacevano alle feste, ma intendo dire che le occasioni sociali, quelle piene di sconosciuti, mi gettavano nel panico più completo (tipo che non dormivo per settimane prima del giorno X).

Da bambina, allo scattare dell’ultima campanella dell’anno, venivo presa, caricata sulla Ford rossa di mio padre e accompagnata, insieme a mia nonna Alice, sui monti della Carnia. Ci rimanevo da metà giugno ai primi di settembre. Partivo con una valigia minima di panta-ciclisti e magliette di Fido Dido, un sacco della spazzatura di quelli grandi pieno di Barbie e i libri dei compiti per le vacanze.

Là, sui monti con Mariannette

In montagna c’erano solo anziani. Avranno avuto un’età media di 60 anni e a me parevano prossimi alla morte. C’era soltanto un’altra bambina della mia età, in tutto il paesino. Spesso, durante quelle lunghe estati, lei era via (al mare, all’estero, dagli altri nonni, non ricordo bene). Ci sono stati anni dove l’avrò vista, in 3 mesi, 10 volte. Per il resto stavo insieme ai grandi, magari sotto il tavolo della cucina così ascoltavo quello che dicevano, leggevo e rileggevo gli stessi 20 Topolino dell’estate prima e di quella prima ancora e che, ormai, sapevo a memoria, giocavo con le Barbie e i Mio Mini Pony (ne avevo soltanto due originali, gli altri erano tarocchi).

Ora sei rimasta sola

Questo per dire che sono sempre stata abituata a stare da sola. Essere da sola non mi pesa. So bastarmi, so giocare da sola. Però questa solitudine ha generato in me, negli anni, una enorme diffidenza verso il prossimo.

I primi anni di lavoro, gli altri mi terrorizzavano. Marco mi diceva, poi, che ero incapace di non manifestare il mio disgusto/dissenso/pietà quando una cosa detta o fatta da un autore, collaboratore, amico, parente, non mi piaceva. Probabilmente, stare sempre soli non aveva aiutato il mio senso della diplomazia e grazie a dio l’ho molto coltivato negli anni, sennò ero spacciata!

Mi sono sempre definita, fino a circa 5 anni fa, una persona che non ama molto stare con gli altri. Poi però le cose hanno iniziato a cambiare. Ho iniziato a sentirmi molto sola, con pochissimi amici e con lavori da freelance, da casa, che non mi permettevano nessuna interazione umana.

Gli altri di Lost?

Forse è per questo che, quando ho riaperto Zandegù, ho deciso di aprirmi moltissimo agli altri. Anche perché mi sono scelta un lavoro dove gli altri sono dappertutto (e non parlo degli altri di Lost, neh?). Ogni momento. C’era improvvisamente Marco che è diventato, oltre che marito, collega. C’erano gli autori. C’erano i collaboratori. C’erano i docenti. C’erano le librerie. I distributori. I partner degli eventi. Le persone che ci seguivano sui social e commentavano. C’erano i corsisti, ovviamente. E i lettori. E le persone conosciute facendo networking. E i nuovi amici. Sempre più persone nuove, giorno dopo giorno. E a ogni persona nuova incontrata, la paura degli altri, in me, scendeva. Ora degli altri non ho più paura. So parlare con degli sconosciuti. Non passo le notti insonni prima dell’inizio di un corso. Sono “guarita”. Sempre che non stare bene con gli altri sia una malattia.

Le altre persone possono essere una risorsa inestimabile

La tua forza più grande. Sono i clienti che ti mandano email bellissime dove ti dicono che sono stati benissimo ai tuoi corsi, che ti faranno pubblicità, che non ti conoscevano e ora non vogliono mollarti più. Sono i follower che rispondono alla newsletter dicendo che anche per loro è così, che hai centrato il punto. Sono i fan su Facebook che commentano e chiedono e fanno battute come se fossero amici. Sono i corsisti a cui ogni sera apri la porta e conosci per nome, sono quelli del sabato che arrivano anche da altre regioni. Sono i collaboratori con cui stringi delle vere e proprie alleanze perché anche loro credono nel tuo sogno e se cresci tu, crescono anche loro. Ed è bello condividere un sogno. Anche perché i sogni sono l’unica cosa che non si consuma, se viene condivisa.

Gli altri possono anche essere un vero schifo

La gente, a volte, è duro dirlo, ma fa schifo. Posso dirti che, negli anni – come a tutti eh? -, mi è capitato molto spesso di incontrare persone che mi hanno succhiato l’anima, mi hanno indebolita, mi hanno umiliata, mi hanno presa più o meno velatamente per il culo, mi hanno gettato addosso le loro insicurezze, le loro ansie, che mi hanno rallentata, mi hanno remato contro, mi hanno screditata.

E quindi?

Col mio passato, quindi, non è facile relazionarsi con gli altri. È un attimo pensare che chi ti vuole bene stia solo esagerando. È un attimo pensare che se la gente ti succhia l’anima, è perché sono tutti stronzi, tanto vale chiudersi di nuovo a riccio.

Aprirsi, coltivare la fiducia negli altri, è un esercizio di pazienza, di porte in faccia e di fatica, che però ripaga tantissimo. Ho iniziato 5 anni fa con Zandegù, ho fatto passi da gigante da un anno a questa parte.

Prendo il buono che arriva dagli altri e lo uso come Gatorade dell’anima quando sono fiacca.

Prendo le persone negative e le allontano, perché, per il momento, non ho ancora imparato l’arte di farmi scivolare addosso le cose, quindi con il tempo ho optato per una sana potatura dei rami sacchi.

Consapevole che senza gli uni (i buoni) e gli altri (gli stronzi) non c’è confronto, non si cresce, non si va avanti.

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