E ci campi?
E ci campi?
24 Novembre 2016

E ci campi?

Quando mi capita di incontrare gente nuova, che non sa niente di me e di quello che faccio, come capita spesso arriva il momento in cui mi chiedono: “Ma tu cosa fai nella vita?”. Io dico cosa faccio e, a quel punto, arriva la domanda fatidica: “E ma davvero ci campi di ‘sto lavoro?”.

Ci campo ma coi crampi

Sì, ci campo. Non mi sono ancora comprata lo yacth ma con Zandegù pago i collaboratori, pago le spese e le tasse, saldo le bollette, mi compro da mangiare, i vestiti, le ferie e le visite mediche.

Non ho ancora un deposito con la Z gigante sopra e una piscina di cents, ma non patisco la fame e non ho fatto debiti con nessuno. Che però è già tanto.

Però ci campo coi crampi. Nel senso che ogni giorno è una faticaccia boia, nulla è scontato, ogni successo è strappato a morsi, ogni sciovolone fa parecchio male alle chiappe. Certo, ho la fortuna immensa di avere una famiglia che mi ha sempre supportato, però sono orgogliosa di dire che, da quando abbiamo riaperto, volo con le mie alucce.

Niente di che

Ogni attività in proprio è fatta così, d’altronde. Non penso di dire niente di straordinario. Chi ha una ditta, chi lavora come freelance, chi ha un’associazione, sa di cosa parlo. Sono dolori quotidiani, ma, se si lavora bene, con costanza, impegno e dandosi da fare, campare del proprio lavoro non è una cosa così impossibile.

Anche se mi rendo conto che portare a casa la pagnotta a colpi di ebook sembra, invece, proprio strano, anche ai più giovani con cui parlo. Cioè, per prima cosa devono capire che lavoro faccio, poi come funziona e poi capacitarsi del fatto che possa mangiare con un impiego del genere.

Un po’ però li capisco, specie se penso che, quando facevamo libri di carta, non ho mai visto un euro. In quei famosi 5 anni, sono stata piallata e tutti gli utili sono serviti solo a pagare le perdite.

Non è che me lo dà un consiglio?

Però non ci sono solo le persone che mi chiedono stupite se ci campo. Ci sono anche quelli che mi scrivono perché vorrebbero anche loro fare l’editore e mi chiedono se posso dare qualche consiglio.

Io cerco di darli sempre, perché a me, all’epoca, qualche anima pia li aveva dati e mi sono stati utilissimi e, quindi, penso che sia anche una questione di karma dare indietro quello che si è ricevuto. L’unico problema è che il 99% delle persone che mi contatta si aspetta che io abbia un pdf con la ricetta magica per fare l’editore, da allegare a un’email.

Magari! Se quel pdf esiste da qualche parte giramelo subito che mi serve! Io ricette, purtroppo non ne ho. Ho solo un sacco di merde pestate di cui ti posso parlare e dalle quali, se vuoi, puoi imparare qualcosa. Non sono sicura di saperti dire il mercato cosa vuole, o cosa leggono le persone, o perché per me la comunicazione zuzzurellona funziona e per un altro invece no. Io ti dico la mia, ma sei sempre tu che devi capire se fa per te.

Celo, manca, celo, manca

La mentalità imprenditoriale non si insegna. O ce l’hai, o dopo poco molli. Anche perché aprire la partita Iva è facilissimo, una vera passeggiata.

È il dopo che è una strada in salita, ma tanto in salita. Se hai fiato e non ti frega niente di arrivare in cima sporco, sudato e che non profumi certamente di violette, allora ce la puoi fare. Se dopo il primo tornante pensi che era meglio salire in jeep, allora sei spacciato.

Quindi sì, quando incontro gente nuova e mi chiedono, rispondo che sì, riesco a vivere a colpi di ebook. Forse ho avuto fortuna, forse siamo bravi, forse chissà. It’s a Zandegù state of mind.

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